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..:Minierali della miniera di Masaloni
La miniera di Masaloni è raggiungibile secondo due itinerari diversi, dalla S.S. 125, il primo, e da San Vito aggirando il complesso granitico che culmina con Gennargiolas, il secondo. Primo itinerario:
Secondo itinerario. Il secondo itinerario è nettamente più lungo e difficoltoso del primo. È consigliabile perciò il fuoristrada, o l'enduro, o la mountain bike, per i più allenati e volenterosi. Altro consiglio è quello di dotarsi di una cartina IGM, o di farsi accompagnare da una persona esperta dei luoghi.
Della miniera di Masaloni rimane ben poco, qualche rudere, molte discariche, la carrareccia che collegava i cantieri di Masaloni con quelli di Giuanni Bonu. La miniera doveva essere di una certa consistenza, viste le discariche e le molte gallerie, ma la vicinanza e lo stretto collegamento con la vicina Monte Narba rendevano inutili tutta una serie di strutture di servizio. Ora tutta la zona fa parte di un grande cantiere forestale di rimboschimento, di cui si vedono i segni anche nelle fotografie. Il sito di Masaloni è interessante non solo dal punto di vista archeologico industriale e mineralogistico, ma anche da quello strettamente ambientale. Dai suoi 400 e passa metri si possono ammirare i panorami verso il mare sia verso Sud-Est, che verso Nord-Est. Le prime tre fotografie mostrano la vista verso lo stagno di Colostrai. L'ultima fotografia mostra il panorama verso Cala Murtas. La Storia della Miniera di Masaloni La miniera di Masaloni «fu chiesta in esplorazione nel 1873 … da alcuni ricercatori di San Vito. Costoro cinque anni più tardi ne cedettero i diritti a G. Vargiolu e soci che iniziarono alcune gallerie nella parte alta del versante orientale di Bacu Masaloni mettendo in luce il filone argentifero. Nel 1881 la Società di Lanusei acquistò i permessi proseguendo i lavori iniziati dal Vargiolu, ed ottenendo già da quello stesso anno una buona produzione. La dichiarazione di scoperta fu rilasciata nei primi mesi del 1888 mentre la concessione l'anno seguente. I lavori cominciarono a quota 400 e vennero subito collegati al 6° livello di Giuanni Bonu tramite una carrareccia. Attraverso la lunga galleria di carreggio, i carri a buoi potevano scaricare il minerale nel piazzale principale di Monte Narba. Questi primi lavori si svilupparono su tre livelli che sboccavano all'esterno, e su di un ribasso interno con un pozzo sul 3° livello. La vena mineralizzata veniva così coltivata per un'altezza di un centinaio di metri ed era caratterizzata da una mineralizzazione saltuaria e dispersa in piccole lenti che presentavano la classica associazione di galena, argentite, argento nativo con abbondante marcasite e sfalerite, in ganga di quarzo, fluorite, meno barite e calcite. Tra gli accessori venivano segnalati ullmannite e nichelina oltre agli argenti rossi. La vena, diretta N57°O, dislocata da frequenti faglie, presentava talvolta delle difficoltà di coltivazione essendo strettamente incassata tra il granito e gli scisti e trovandosi spesso a contatto delle "quarziti Auct." (formazione di Tuviois). Essa era più ricca verso Est ed andava impoverendosi a Ovest dove restava solo la ganga sterile. Negli anni di maggiore attività vi lavoravano dai 70 agli 80 operai, tra interni ed esterni, compresi i ragazzi e le donne addetti alla cernita. Dopo il fallimento della Società di Lanusei ed il suo acquisto da parte della Società di Malfidano, la miniera seguì le sorti di quelle del gruppo di Monte Narba col trasferimento alle varie società che effettuarono numerose e inconcludenti ricerche… Oggi la miniera è totalmente abbandonata ma, dalle sue grandi discariche e dalle sue rocce, provengono ancora discreti campioncini dei rari minerali che l'hanno resa famosa». Fonte: STARA - RIZZO - BRIZZI, Sarrabus. Miniere e minerali Cartina IGM: 549, II - 549, III - 558, I - 558, IV Questa pagina ? stata visitata 71369 volte |
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