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(Miniere di Salto di Gessa - Buggerru)
Miniera di Nebida

Le miniere di
Salto di Gessa - Buggerru

  1. Fluminimaggiore
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  3. Sardegna centrale
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  6. Nurra (Alghero) e Planargia
  7. San Vito - Villaputzu
  8. Rio Ollastu (Burcei)
  9. Arburese (Arbus)
  10. Iglesias-Gonnesa
  11. Iglesias-Marganai (Domusnovas)
  12. Monte Arci (Pau)
  13. Sulcis (alto e basso)
  14. Salto di Gessa (Buggerru)
  15. Barbagia - Alto Sarcidano
  16. Gerrei - Parteolla
  17. Monte Albo (Lula)
  18. Silius
  19. Ogliastra
  20. Orani - Nuorese
  21. Sassarese
  22. La Maddalena - Gallura
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La Storia

I lavori di sfruttamento iniziarono in tempi remoti con l'individuazione delle piccole sacche di galena ricche in argento rinvenute negli anfratti delle rocce carbonatiche.

Nel 1614 Martino Esquirro di Cagliari ottenne il diritto di coltivare tutte le miniere comprese tra Oristano e Capo Teulada, compresa la miniera di Nebida. Il fratello Giacomo realizzò assieme al mercante genovese Filippo Dutch alcuni forni fusori ed alcune strutture abitative ai piedi di punta Carroccia.

In tempi moderni la concessione fu affidata nel 1868 all'imprenditore G. De Camilli per la coltivazione dei minerali di piombo e zinco, in una superficie totale di 379 ettari. I primi lavori si svilupparono nei canaloni del monte San Giovanni e di Cuccuru Aspu dove sorse una prima laveria meccanica costituita da 10 crivelli inglesi e da 2 cassoni tedeschi mossi a mano.

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Verso la fine dell'800 il Sig. Prospero Christin fece costruire dall'Ingegnere ungherese Giulio Keller, presso la spiaggia di Fontanamare, una fonderia per la fusione dei poveri piombiferi e due forni per la calcinazione delle calamine; all'interno della fonderia erano presenti sei forni a manica e una macchina soffiante mossa da macchina a vapore da 8 CV; Il minerale veniva quindi imbarcato nei battelli dal porticciolo di Fontanamare e trasportato a Carloforte.

In particolare la fonderia di Fontanamare venne costruita nel 1867 dalla Soc. Miniera di Nebida per fondere i minerali della propria miniera, visto che la Società Montesanto si rifiutò di concedere l'utilizzo della fonderia costruita precedentemente a Masua (1862). L'Ing. Keller costruì inoltre una laveria nei pressi della fonderia di Fontanamare; tale laveria era dotata di 10 cassoni tedeschi e 44 crivelli Sardi.

La laveria di Fontanamare era stata costruita per trattare i grezzi piombo-zinciferi in gran parte ossidati della miniera di Nebida, mentre alla fonderia il compito di trattare metallurgicamente le "seconde" con il 30% in piombo e qualche % di zinco provenienti sia dalla cernita a mano che dai concentrati intermedi della laveria.

Dal 1867 al '68 la fonderia di Fontanamare produsse 214 tonnellate di piombo, ottenuti fondendo 1343 tonnellate di minerali mediante la combustione di 586 tonnellate di coke. Tale Fonderia rimase in esercizio per 22 anni e chiuse nel 1889 in concomitanza con l'esaurimento del giacimento di Cuccu Aspru (Nebida).

Nel 1881 venne costruita una pompa per l'eduzione delle acque che tramite un complesso sistema di ingranaggi sfruttava l'energia eolica; l'ingegnoso progetto si rivelò però un fallimento a causa di fragilità strutturali e continui guasti.

Nel frattempo sorse il villaggio minerario di Nebida capace di ospitare verso la fine del'800 circa 2000 persone. In località Chessa/Carroccia venne realizzata l'omonima laveria dotata di un forno rotativo per il trattamento delle terre calaminari; questa laveria fu la prima, di 3 laverie, ad essere realizzata a Nebida e prese probabilmente il nome dal direttore della Banca Nazionale di Cagliari, tale Raimondo Chessa, il quale acquisì la miniera dopo il fallimento di Prospero Christin.

Nel 1885 la concessione passò alla Società Anonima di Nebida.

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Nel 1897 venne realizzata a picco sul mare la grande laveria idrogravimetrica Lamarmora, servita dalla galleria ribasso Cuccuru Aspu. La struttura originaria della laveria era costituita da un insieme di corpi di fabbrica ravvicinati e dislocati in quattro livelli degradanti verso il mare per una superficie complessiva di 2000 mq. La costruzione era stata realizzata in pietra locale e mattoni pieni, le coperture erano in legno e il pavimento in cotto. La laveria trattava i minerali di piombo e zinco che giungevano nel piazzale di scarico attraverso piccoli convogli ferroviari dalla galleria Lamarmora e dalla teleferica Carroccia.

La laveria trattava sia i materiali terrosi che quelli compatti ricchi in galena. Che venivano frantumati, sfangati e quindi classificati.

Il primo ambiente di superficie 880 mq era diviso in 2 livelli in cui erano ubicati gli impianti di separazione e classificazione dei minerali. Nel livello sottostante vi erano due ambienti: uno per lo stoccaggio dei minerali trattati e l'altro per lo stoccaggio dei materiali di alimentazione dei forni. Verso il basso erano presenti altri due locali che ospitavano la macchina a vapore e la sala forni. Attorno alla struttura principale erano presenti le strutture ausiliarie dei due forni a tino (lato Nord) e le due ciminiere (lato Est). Nella parte più bassa, il complesso era completato da un deposito a mare con un porticciolo per l'attracco delle barche destinate al trasporto del minerale. Il deposito era collegato al complesso superiore da una discenderia ora quasi totalmente scomparsa.

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Nel 1910 il villaggio di Nebida contava ben 3000 abitanti, di cui almeno un terzo occupato nei lavori minerari, e con un alloggio ed un piccolo terreno da coltivare.

Negli anni '30 la produzione raggiunse il massimo impulso e nei cantieri operavano tra uomini e donne addetti alla cernita 400 persone. Si lavorava nei cantieri interni Fortuna e Lamarmora e in quello a giorno Nicolay.

Negli anni '50 il passaggio all'AMMI permise la realizzazione del nuovo impianto di flottazione in sostituzione dell'antiquato sistema idrogravimetrico.

Negli anni '70 iniziò la coltivazione degli ossidati del cantiere Alice, trasportati tramite la galleria Ornella e trattati nell'impianto della miniera di Masua.

La grande crisi estrattiva degli anni '70-'80 coinvolse anche il villaggio di Nebida, che si spopolò. A tutt'oggi risulta abitato da un migliaio di persone e vede nel turismo la sola fonte di reddito.

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La Geologia

La miniera di Nebida è inserita in un territorio costiero di particolare valenza paesaggistico-geologico-ambientale caratterizzato da rocce sedimentarie del paleozoico:i bianchi calcari ceroidi che ospitano le importanti mineralizzazioni dell'iglesiente, gli scisti del cambro-ordoviciani ed i conglomerati "la puddinga" color vinaccia dell'Ordoviciano. A tal proposito va segnala la presenza nei pressi di Nebida di un importante affioramento che testimonia il contatto tra due periodi geologici, la cosiddetta" Discordanza Sarda"; questo affioramento è ubicato nella litoranea tra Fontanamare e Nebida e rappresenta il contatto stratigrafico tra i conglomerati dell'Ordoviciano superiore (Puddinga - Formazione di Monte Argentu) e gli scisti di Cabitza del Cambriano medio - Ordoviciano inferiore.

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Altre concessioni nel territorio di Nebida

Miniera di Pala is Luas e Coremò (Concessione accordata nel 1870 a Leone Gouin rappresentante della Soc. Petin; passò nel 1872 alla Societè Anonyme de la Vieille Montaigne - Piombo e Zinco).

Miniera di "Funtanamare" (Antica miniera di barite coltivata a cielo aperto).

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Miniera di Funtanamare (Miniera accordata in concessione al Sig. Angelo Nobilioni di Iglesias nel 1868 - Lignite).


Bibliografia

ROLANDI GIOVANNI "La Metallurgia in Sardegna", Industria Mineraria, 1971.

FADDA ANTONIO FRANCO "Sardegna, guida ai tesori nascosti" - Cagliari, Ed. Coedisar, 1994.

CARMIGNANI LUIGI et Alii "Geologia della Sardegna. Note illustrative della carta geologica della Sardegna scala 1:200.000" - Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

MEZZOLANI SANDRO e SIMONCINI ANDREA "Sardegna da Salvare. Storia, Paesaggi, Architetture delle Miniere" VOL XIII. Nuoro, Ed.Archivio Fotografico Sardo, 2007.

OLITA OTTAVIO "Il Parco Immaginato dai Giovani.In 57 tesi di laurea le idee per dar vita al parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna"- AM&D Edizioni, 2007.

SELLA QUINTINO "Relazione sulle condizioni dell'industria mineraria in Sardegna" 1871.

Carta Geologica 1:25.000 I. di S. Pietro - Capo Sperone, Foglio 232-232b, 1933.

Carta Geologica della Sardegna 1:200.000, 1997.

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