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Francesco Mameli | ||
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Francesco Mameli (Nasce a Quartu il 3 Novembre del 1797 - Muore a Cagliari il 4 Gennaio 1847). Francesco Mameli fu il primo ingegnere sardo del Regio Corpo delle Miniere, creato con Regio Decreto del 5 luglio 1860, come la naturale evoluzione del Servizio Minerario del Regno, istituito nel 1822 e del Corpo degli Ingegneri delle Miniere, che era stato istituito dopo la riapertura della Scuola Mineraria di Moutiers nel 1825. Con la creazione del Corpo delle Miniere, il Corpo d'Artiglieria fu esonerato dalle funzioni fino ad allora esercitate per il servizio delle Miniere. Dopo l'emanazione della legge mineraria del 20 novembre 1859, il Corpo delle Miniere ebbe il compito di controllarne e gestirne l'applicazione ed il rispetto. Francesco Mameli era nato a Quarto, l'attuale Quartu Sant'Elena, il 3 novembre 1797 da don Raimondo Mameli, primogenito di don Antonio Vincenzo Mameli d'Olmedilla e da Barbara Paradiso. Suo nonno, Antonio Vincenzo, Avvocato Fiscale ed Archivista Regio, aveva gestito interinalmente e a proprie spese, la Fonderia di Villacidro dal 6 giugno 1759, data della morte del Mandel, al 25 maggio 1762. Suo padre don Raimondo, ufficiale della Marina Sarda, concluse la sua carriera come comandante della Città di Bosa. Seguendo l'esempio del padre e degli zii paterni, don Ignazio e don Luigi, che erano morti sui legni della Marina Sarda combattendo contro i pirati barbareschi, anche Francesco intraprese la carriera militare in Marina. Divenne Ufficiale d'Artiglieria nel Corpo delle Regie Navi, durante i moti liberali del 1821, con i quali molti Patrioti, e fra questi Alberto Ferrero della Marmora e lo sfortunato capitano sardo Efisio Tola, contrastò un attacco delle truppe "anticostituzionali" regie, forti dell'appoggio delle truppe del maresciallo austriaco Bubna, e respinse, col fuoco della sua batteria l'attacco di un reggimento austriaco sul ponte dell'Agogna. Rifugiatosi, con i capi della rivolta, a Genova in attesa d'espatrio, Francesco Mameli impedì il saccheggio, da parte del popolo, del Palazzo Ducale e della Tesoreria di Marina. La Restaurazione lo punì, il 13 giugno, radiandolo dall'esercito e condannandolo al carcere, dopo averlo degradato dal grado di capitano. Per la sua partecipazione ai moti del '21, Efisio Tola fu fucilato, Santorre di Santarosa fu costretto ad esiliare per morire poi combattendo per la libertà della Grecia a Missolungi, mentre Alberto La Marmora fu semplicemente "sbattuto in Sardegna". Forse in considerazione del suo intervento per impedire che a Genova venissero saccheggiati i "Beni Regi" o forse in considerazione della devozione e dei servigi prestati dalla sua famiglia alla Famiglia Reale, la condanna al carcere gli fu condonata, restandogli però preclusa la carriera militare, mentre gli fu concesso di frequentare, nel 1825 a 29 anni, la Scuola Mineraria di Moutiers, in Savoia. Ultimati gli studi a Moutiers, nel 1828 venne nominato Allievo Ingegnere nel Corpo Reale delle Miniere. Intuite, durante il corso degli studi nella Scuola Mineraria, le sue doti, l'ispettore generale delle Miniere del Regno, Carlo Maria Giuseppe Despine, a conclusione del quadriennio di studi, nel 1829, ottenne dal re Carlo Alberto che il Mameli fosse inviato in missione ispettiva nell'Isola. La relazione che Francesco Mameli fece, nel 1830, a conclusione della missione, dimostrò che il giudizio del Despine era giustificato. La completezza e l'acume delle indagini, la concretezza delle proposte e l'autorevolezza dei giudizi espressi nella relazione, furono apprezzate al punto che lo stesso Carlo Alberto, nominandolo, nel 1831, Direttore delle Miniere della Sardegna, volle riceverlo in udienza privata di congedo, mostrandogli grande benevolenza. Sostenitore convinto della libertà d'iniziativa nel campo minerario, il Mameli contribuì al miglioramento della legislazione mineraria, che si concretizzò nei Decreti del 22 ottobre 1836 e del 30 giugno 1840 che preludeva alla legge mineraria del e 20 novembre 1859. Le sue convinzioni, talvolta, furono in contrasto con quelle di molti funzionari governativi del tempo, ed anche del politico sardo Siotto-Pintor, che nel 1877 giunse addirittura a definirlo "digiuno di Economia Pubblica". Riprendendo alcuni temi esposti nella relazione del 1830, il Mameli, in una relazione presentata nella seduta del 18 aprile 1840 della Reale Società Agraria ed Economica di Cagliari, descrisse le risorse minerarie dell'Isola sottolineando le possibilità di sfruttamento della miniera di Montevecchio. Egli caldeggiò la creazione di Società per Azioni, e la creazione di una fonderia a non molta distanza dai filoni di Montevecchio, fonderia che avrebbe potuto riprocessare le antiche scorie dell'Iglesiente, e le cui esigenze idriche sarebbero state soddisfatte da un opportuno sistema di pozzi trivellati; Questi suggerimenti del Mameli avrebbero trovato realizzazione circa 90 anni dopo, nella Fonderia di San Gavino della Società Monteponi-Montevecchio. Negli anni 1841-51, nell'intento di risolvere il grave problema dell'approvvigionamento idrico della città di Cagliari, Francesco Mameli progettò e curò l'escavazione di un pozzo artesiano in un orto attiguo alla "Scuola d'arti e Mestieri" ospitata nel Regio Ospizio "Carlo Felice", che un tempo era stato un convento (l'attuale Istituto Tecnico Industriale "Dionigi Scano"). Le previsioni del Mameli non risultarono sballate, la falda artesiana fu raggiunta, ma l'acqua risalì di "solo 287 metri", stabilizzandosi alla quota di otto metri al di sotto del piano di campagna. Il progetto, che era costato 127.000 lire del tempo, e aveva comportato l'utilizzo di sofisticate apparecchiature acquistate in Francia, e l'impiego dei forzati del Bagno Penale di San Bartolomeo, in considerazione anche del fatto che l'acqua era risultata salmastra, fu abbandonato. Con la solenne inaugurazione, nell'aprile 1867, dell'acquedotto che convogliava per 25 Km l'acqua del rio Corongiu, contenuta della prima diga a gravità costruita in Europa, su progetto dell'ingegnere minerario Felice Giordano, almeno per un certo numero di anni il problema dell'approvvigionamento idrico della città sembrò essere stato risolto. Francesco Mameli morì a Cagliari, a 50 anni d'età il 4 gennaio del 1847. Questa scheda è stata realizzata grazie al contributo ed alle ricerche del Prof. Paolo Amat di San Filippo. |
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