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La fonderia di Villacidro | ||
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La Storia della Fonderia di Villacidro La nascita di questa misteriosa fonderia risale al lontano 30 luglio del 1740, quando fu stipulato un contratto trentennale tra l'intendente Generale del Re Carlo Emanuele III di Savoia ed il nobile console svedese Carlo Gustavo Mandell; Con tale contratto il Re concedeva lo sfruttamento delle miniere sarde alle seguenti condizioni: 1. L'obbligo di costruire una fonderia in cui far affluire il minerale da trattare. 2. L'obbligo di versare una certa percentuale (crescente con gli anni) dei prodotti minerari. 3. L'obbligo di versare una certa percentuale della galena estratta e/o prodotta. 4. La possibilità di pagare sia in minerale che in moneta, al prezzo di mercato vigente. 5. L'obbligo di estrarre annualmente almeno 5000 cantari di galena (circa 200 quintali). 6. L'obbligo di dotare gli impianti minerari di minatori e tecnici specializzati provenienti dall'estero. 7. L'obbligo di rendere annualmente conti dettagliati per il calcolo delle percentuali dovute al Governo. 8. L'obbligo di denunciare ogni nuova miniera scoperta. Carlo Gustavo Mandell acquistò i terreni a Sud di Villacidro, sulla riva destra del rio Leni per impiantarvi la Fonderia e nel 1743 iniziò la produzione del piombo e dell'argento. La struttura della fonderia era formata da un grande cortile con al centro un pozzo; ai lati erano posti gli svariati locali utilizzati sia come abitazione ma anche per l'immagazzinamento della galena e del carbone, per uso falegnameria, fucina, oltre che i locali che ospitavano i forni. Vennero fatti pervenire tecnici e minatori dalla Germania, che furono smistati nelle miniere di Montevecchio, Masua, Monte Narba e Acqua Cotta; grandi quantità di minerali pervenivano a Villacidro anche da miniere distanti parecchi km; dalla miniere di Monteponi (Iglesias), Marganai (Domusnovas) e Spirito Santo (Fluminimaggiore) arrivarono inutilmente minerali che oltre al piombo contenevano zinco, fino ad allora non fondibile. La struttura continuò la produzione per i dodici anni successivi, fino al 1755 quando iniziarono i problemi per il console Svedese; A causa dell'omicidio del direttore della fonderia, il Sig. Giovanni Da La Haye (il quale sembra si fosse impossessato di 172 marchi d'argento), il nostro Mandell vide ridurre il prestito dei capitali da parte dei finanziatori impedendogli in tal modo di pagare i suoi debiti. Purtroppo nonostante si fosse appellato al Supremo Consiglio Reale, egli fu condannato e gli fu sequestrata l'intera fonderia con tutti i minerali e metalli. Di lì a poco, forse anche per il dispiacere Carlo Gustavo Mandell morì; Era il 10 maggio del 1759. Il Mandell lasciò come erede universale il nipote Carlo Bank, residente a Londra e gratificò i domestici Francois Jullien e Catherine Duplei con un anno di salario. In quell'anno nella fonderia di Villacidro lavoravano 10 operai specializzati fonditori, 2 falegnami, 40 manovali oltre che svariati altri dipendenti sparsi per le miniere del territorio, addetti all'invio del minerale. Dal 1759 la fonderia passava sotto la direzione del Dott. Antonio Vincenzo Mameli d'Olmedilla, il quale diede nuovo impulso all'attività facendo pervenire grandi quantità di minerale da fondere, dalle miniere dell'Iglesiente, dell'Arburese e del Guspinese. Nel 1762 il Mameli fu esonerato dell'incarico, che passò al Ing. Belly per conto del Governo di Casa Savoia. La fonderia iniziò a non produrre con costanza, anche a causa dello scarseggiare del legname e del carbone per alimentare i forni di fusione; fu questo l'inizio della fase di disboscamento del territorio, in quanto vennero obbligati i comuni a rifornire la fonderia del legname necessario alla fusione. Soltanto a Villacidro furono impegnati 1000 operai per tagliare gli alberi. In questo periodo vennero disboscati Villascema, Monti Mannu, Su Medau, Fossu mannu, Campu de Isca, Su Cramu e Mont'e Omu. Nel 1806 la fonderia venne concessa al Barone di Bedemar Edoardo Romeo proprietario delle miniere di Monteponi, Sa Fraiga e Montevecchio che ebbe l'inutile compito di restaurarla e modernizzarla. Tra il 1860 e il 1863 la fonderia venne sfruttata dal Sig. Salvatore Melis, il quale fuse circa 20000 tonnellate di scorie, ricavandone oltre 9000 quintali di piombo e 194 grammi d'argento. Nel 1887 il cagliaritano Giovanni Battista Fois Farci, costruì a breve distanza una struttura per impiantavi un' altra fonderia e un laminatoio di rame. Nel 1893 una violentissima piena del rio Leni rischiò di travolgere la fonderia con tutti i suoi operai, che furono salvati proprio dall'intervento del Sig. Fois Farci, il quale in quell'occasione si fratturò una gamba. Non si hanno notizie certe, ma è probabile che la fonderia Mandell restò in funzione dopo grandi difficoltà fino al 1806 e poi venne smantellata nella granparte; la struttura costruita dal Sig. Fois Farci fu nelle poche parti restanti, inglobata in altre abitazioni. Ora a distanza di 122 anni, pochissimo rimane dell'antica fonderia di Villacidro; i pochi segnali della sua presenza restano inglobati e occultati dalle abitazioni moderne e dagli orti sulle sponde del rio Leni; un piccolo indizio però viene agli occhi di coloro che passeggiano in quelle zone: piccole pietre nere e pesanti che nient'altro sono se non le scorie di fusione di quell'antica attività, sconosciuta ai più. Bibliografia SARDU MARCO, FADDA ANGELA MARIA "Risalendo la Fluminera. Fotomosaico di Villacidro", 1989. Ing. ROLANDI " Notizie sull'industria del piombo e dello zinco in Italia" - Edito in occasione del centenario della Montevecchio, 1948. DE FRANCESCO G. "Un comune di Montagna" - Cagliari, 1902. SELLA QUINTINO "Relazione sulle condizioni dell'industria mineraria in Sardegna" 1871. |
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