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Montevecchio è ubicato a Sud-Ovest della Sardegna tra Guspini e Arbus, a 352 metri sul livello del mare in una bellissima zona, ricca di boschi, animali selvatici e antiche coltivazioni minerarie. Il toponimo "Montevecchio" comune in altre aree europee significa miniera vecchia. Montevecchio è composto da un nucleo centrale "i servizi" attorno al quale si è sviluppato il villaggio Gennas e i vari insediamenti ed impianti a "bocca di miniera". Il giacimento Piombo-Zincifero di Montevecchio-Ingurtosu-Gennamari è suddiviso in 3 zone: Prima Zona di Levante: Miniere di Sciria, Piccalinna, e S.Antonio. Seconda Zona di Ponente: Miniere di Sanna, Telle, e Casargiu. Terza Zona di Ingurtosu: Miniere di Ingurtosu, Gennamari, S'Acqua Bona e Perda S'Oliu. I Giacimenti Il fascio di filoni mineralizzati a galena è lungo una decina di km in direzione Est-Ovest, con spessori che raggiungono in alcuni punti i 25-30 metri, in esso sono intestate le coltivazioni delle miniere di Montevecchio, Ingurtosu e Gennamari. Questo fascio è formato da vene principali e a altre secondarie che corrono parallele ad esse come quelle coltivate della miniere di Gennamari. I filoni erano prevalentemente quarzosi ed in essi la galena si trovava in concentrazioni più o meno estese con notevoli quantitativi di argento. Nella ganga erano inoltre presenti: Blenda, Solfuri e Carbonati ed ossidi di Ferro. La Storia I minatori romani cercavano la galena argentifera e lasciarono molte testimonianze del loro lavoro, quali gallerie, scavi, picconi in ferro, badili anelli ecc. La ricerca e la coltivazione si erano protratte nel Medioevo e durante la dominazione Spagnola. Ai primi del '700 venne conferito il privilegio della coltivazione di tutte le miniere sarde per 20 anni ai cagliaritani Pietro Nieddu e Giovanni Stefano Durante. Nel 1741 il console svedese Carlo Gustavo Mandel ottenne la concessione introducendo l'uso delle mine con polvere nera, reclutando minatori e fonditori tedeschi che affiancarono i sardi nel lavoro; inoltre iniziò la costruzione di una fonderia sulla sponda sinistra del rio Leni, presso Villacidro. Alla morte del Mandel nel 1759, lo Stato Sabaudo affidò la concessione al Sottotenente d'Artiglieria Cav. Pietro Belly che aveva frequentato la scuola mineraria in Sassonia. Quest'ultimo promosse scavi per oltre 500 metri di gallerie e pozzetti, ottenendo 2000 tonnellate di galene mercantili, ma di lì a poco la produzione sarebbe notevolmente calata. Dopo un lungo periodo di inattività nel 1841 un facoltoso nobile di Senorbì, tale Efisio Paderi, ed un sacerdote di Guspini, Giovanni Antonio Pischedda Terzita volsero le loro attenzioni sulle miniere dell'Arburese. Entrambi partirono per Marsiglia alla ricerca di finanziamenti e per fondare una società che riprendesse la coltivazione dei giacimenti. Fu proprio in questo periodo che apparve sulla scena mineraria l'imprenditore Sassarese Giovanni Antonio Sanna, alla ricerca di ingenti capitali da investire sulle miniere di Montevecchio. Nel 1848 grazie all'appoggio del deputato di Isili Giorgio Asproni, il Sanna riuscì a dare inizio al suo programma di lavori avvalendosi anche dell'ausilio di 16 minatori sassoni, guidati dal Capominatore Emanuele Fercher. I primi lavori che intraprese il Sanna furono opere civili, come due gruppi di case in muratura con tetti in paglia, fece inoltre sistemare le carrareccie per Arbus e per Funtanazza. ll colle di Gennaserapide (Gennas) fu scelto dallo stesso per ospitare la futura direzione ed i primi sbancamenti. La perforazione, fatta a scalpello e martello era piuttosto lenta (2 fori lunghi 70 cm richiedevano 9 ore di lavoro) così come la preparazione delle mine. I lavori riguardarono le gallerie Scala, Baracche, Casargiu, Colombi, Madama, Zerbini, Anglosarda, S. Barbara e oltre che un nuovo livello a quota +271 m slm., S.Antonio. Furono inoltre costruiti i primi impianti di trattamento del minerale, fra cui la Laveria Rio fornita di caldaia a vapore che alimentava un motore bicilindrico da 25 hp. Grazie all'intervento dell'Ing. Asproni furono costruiti 3 impianti di trattamento, uno per concessione e tutti meccanizzati: il primo doveva trattare i materiali provenienti dalle gallerie Scala, Colombi, S.Barbara, S.Antonio, Anglosarda. La seconda sita nel fondovalle del Rio Mannu per i materiali uscenti dalle Gallerie Baracche, Madama, Montevecchio, Azuni, V. Emanuele, Stromboli, Eleonora, Mannu, Ribasso Mannu, Mari, S. Maria e S. Efisio. Il terzo posizionato sulla sponda destra del rio Mannu serviva per le gallerie Zerbini, 5 Telle, Amsicora, Giordano, S.Giorgio, Rietto, Casargiu, Fortuna, Rio Mannu. Inoltre iniziò il tracciamento della ferrovia Montevecchio San Gavino. Nel 1875 si spense Giovanni Antonio Sanna. Nel 1877 la miniera ricevette la visita del Principe Tomaso di Savoia che diede il suo nome alla nuova Laveria di Sciria (Laveria Principe Tomaso). Nel 1882 venne terminato il bacino Zerbini che conteneva 30.000 metricubi d'acqua utilizzabili dalla Laveria Lamarmora sita nei cantieri di ponente. Anche il villaggio minerario si arricchiva di nuovi stabili: oltre al palazzo della direzione, la scuola elementare, la chiesa, l'ospedale e un bacino per l'acqua potabile da 4000 metricubi. Durante il periodo di gestione degli Ingegneri Castoldi, Mezzena e Bertolio si provvide a dotare la miniera di migliorie tecniche tra cui l'energia elettrica che sostituì quella a vapore; venne costruito un piano inclinato che collegava la laveria Sanna con la galleria Mari, e serviva per trasportare lo sterile di laveria nei fornelli per la ripiena; vennero inoltre coltivati i cantieri Sciria e Piccalinna. Lo scoppio del primo conflitto mondiale costrinse alla drastica riduzione della produzione di galena e Blenda e al loro stoccaggio. Nel 1928 nonostante la crisi mondiale post bellica la Montevecchio acquisì la proprietà delle miniere di Malfidano, Bacu Abis e Candiazzus e cercò nuove fonti di reddito puntando sulla metallurgia del piombo con la costruzione della fonderia di San Gavino. Nel 1930 piccole e grandi miniere sarde gravitavano nell'orbita della miniera di Montevecchio, appesantendola con le loro passività pregresse. In totale erano 33 ed avrebbero dovuto risollevare Montevecchio dalla crisi internazionale, ma in realtà ebbero l'effetto opposto: Bacu Abis (Gonnesa), Bacu Arrodas (Muravera), Baueddu (Iglesias-Fluminimaggiore), Cabitza (Iglesias), Campera (Iglesias), Canali Bingia (Iglesias-Fluminimaggiore), Candiazzus (Iglesias-Fluminimaggiore), Caput Aquas (Iglesias-Serbariu), Corti Rosas (Ballao), Cortoghiana (Serbariu), Enna sa Spina (Fluminimaggiore), Fenugu Sibiri (Gonnosfanadiga), Genna Flumini (San Vito), Giovanni Bono (San Vito), Malfidano (Buggerru), Martalai (Villasalto), Masaloni (San Vito), Monte Lapano (Teulada), Monte Narba (San Vito), Monte Scorra (Iglesias), Mortuoi (Iglesias), Nuraxeddu (Serbariu), Pediattu (San Vito), Piolanas (Iglesias), Pira Roma (Buggerru), Planu Dentis (Buggerru), Planu Sartu (Buggerru), S'Acqua Bona (Fluminimaggiore), Sa Mina (Ballao), S'Ega su sollu (Fluminimaggiore), Serra Trigus (Iglesias-Fluminimaggiore), Sos Enatos (Lula) e Su Suergiu (Villasalto). La soluzione alla crisi fu quella di vendere la miniera alla Società milanese Montecatini, che già possedeva la Monteponi. Sotto la direzione dell'Ing. Mezzena vennero concentrati i lavori nel Pozzo S.Giovanni a Piccalinna, nel Pozzo Sant'Antonio, nel Pozzo Sanna, nel cantiere Telle e vennero ammodernate le laverie con le nuove sezioni di flottazione. Ma fu solo dal 1935 sotto la direzione dell'Ing. Sartori che si ebbe una netta ripresa nella produzione, nuovi investimenti per ammodernare e potenziare gli impianti ed anche la realizzazione di nuove costruzioni civili nel villaggio Gennas. Furono inoltre costruite, la teleferica Principe - Orefici, e il Pozzo Sartori nei cantieri di Levante. Lo scoppio del secondo conflitto mondiale rallentò la produzione anche perché una grossa parte del personale venne richiamata alle armi, ma nonostante ciò vennero realizzate importanti strutture, come ad esempio l'albergo Sartori destinato agli operai scapoli. Nel 1950 vennero inaugurate sia la centrale Minghetti che la Diga Donegani; la prima era costituita da un impianto di produzione e distribuzione di aria compressa e da un impianto di ventilazione per i cantieri di S. Antonio e Sanna. La seconda realizzata in calcestruzzo sbarrava il Riu Mannu in località Zerbini e conteneva 308.000 metricubi d'acqua. L'anno dopo vennero iniziati i lavori per la costruzione della strada Montevecchio - Funtanazza e della Colonia al mare intitolata all'Ing. Sartori e inaugurata il 13 maggio del 1956. Furono costruite anche le prime palazzine del Villaggio Rolandi e alcune case nel Villaggio Righi. Nel 1958 venne fermata la ferrovia Montevecchio - San Gavino per dare più spazio ai mezzi gommati; infatti in tale periodo erano in servizio 4 autopale T4G, 23 T2G, 10 autovagoni grandi e 23 piccoli. L'evento del 1963 fu la nascita del treno di sgombro veloce nato (come per l'autopala montevecchio) dall'ingegno del Sig. Letterio Freni capofficina della miniera. Questo particolare treno consentiva la meccanizzazione dello scavo in galleria e riduceva notevolmente il tempo di sgombro. Così come per l'autopala il brevetto fu acquistato dall'azienda svedese Atlas Copco che lo commercializzò su scala mondiale. Nel 1966 si chiudeva un ciclo trentennale sotto la gestione della Montecatini e subentrava la Montedison, in un periodo in cui i giacimenti vedevano diminuire i propri tenori utili e le maestranze scioperavano per il salario. Nel 1971 arrivò la nazionalizzazione delle miniere dopo una lunga serie di proteste, scioperi, assemblee, occupazione dei cantieri, manifestazioni in piazza; le miniere passarono alla SOGERSA a prevalente partecipazione pubblica. I cantieri di Ingurtosu e Piccalinna vennero chiusi definitivamente, Levante superiore e Ponente superiore davano segni di esaurimento anche per il taglio degli operai; rimanevano produttivi i cantieri Mezzena, Sanna inferiore, Telle e Casargiu. Venne chiuso l'albergo Sartori, inaugurato da Mussolini nel 1942. Le spese per mantenere attiva una miniera con annesso villaggio come quella di Montevecchio risultarono insostenibili per la SOGERSA, tanto che nel 1977 le attività minerarie vennero assorbite dall'ENI in una nuova società, la SAMIM. Nel 1986 l'ENI separò le miniere dalla metallurgia e così nacquero la nuova SAMIM per gestire gli impianti metallurgici e la SIM per le miniere, ma la sorte della miniera sembrava già decisa. Iniziarono le occupazione dei pozzi, perché i minatori chiedevano un futuro alternativo in un territorio che aveva vissuto dalle miniere. L'idea del Parco Geominerario mirava a che i minatori fossero ricollocati nel territorio, per gestire i luoghi in cui tanto avevano lavorato, e per renderli fruibili ai turisti; Solo in parte ciò è avvenuto. Ora l'IGEA (Per info: 0781491300 - www.igeaspa.it) dovrebbe gestire le visite ai cantieri di levante con la discesa nel Pozzo S.Antonio e la galleria Anglosarda, mentre altre associazioni (Lugori, Zampaverde) gestiscono la visita nel villaggio di Gennas (Montevecchio) con la Direzione, il museo mineralogico ecc. Ad Ingurtosu è stato allestito un museo interattivo nel Pozzo Gal (gestito dall'Ass. Zampaverde di Arbus). Altre manifestazioni annuali come la fiera del coltello (ARRESOJAS) e la Fiera della Birra Cruda (BIRRAS) mirano ad attirare l'attenzione su quella che è stata la più grande e più ricca realtà mineraria italiana, Montevecchio. Associazione Minatori di Guspini - Sa Mena Bibliografia MARZOCCHI GIULIANO "Cronistoria della miniera di Montevecchio",1995. FRENI LETTERIO e PEIS CONCAS IRIDE "La meccanizzazione delle miniere di Montevecchio" - Arti grafiche Pezzini, Viareggio, 1992. PEIS CONCAS IRIDE "Montevecchio, Miniera di blenda. Galena, storia di uomini" - Editrice S'Alvure, 1990. LAMPIS FERNANDO, PEIS IRIDE e PILIA CLOTILDE "Funtanazza, Storia della colonia al mare per i figli dei minatori di Montevecchio 1956-1983" - Zonza Editori, 2006. MEZZOLANI SANDRO e SIMONCINI ANDREA "Sardegna da Salvare. Storia, Paesaggi, Architetture delle Miniere" - VOL XIII. Nuoro, Ed.Archivio Fotografico Sardo, 2007. MANCONI FRANCESCO "Le Miniere e i Minatori della Sardegna" - Silvana Editoriale, 1986. Questa pagina ? stata visitata 76369 volte |
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