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(Miniere di Sulcis (alto e basso))
Miniera di Serbariu

Le miniere di
Sulcis (alto e basso)

  1. Fluminimaggiore
  2. Gonnosfanadiga-Villacidro
  3. Sardegna centrale
  4. Monte Narba (San Vito-Muravera)
  5. Salto di Quirra - Gerrei
  6. Nurra (Alghero) e Planargia
  7. San Vito - Villaputzu
  8. Rio Ollastu (Burcei)
  9. Arburese (Arbus)
  10. Iglesias-Gonnesa
  11. Iglesias-Marganai (Domusnovas)
  12. Monte Arci (Pau)
  13. Sulcis (alto e basso)
  14. Salto di Gessa (Buggerru)
  15. Barbagia - Alto Sarcidano
  16. Gerrei - Parteolla
  17. Monte Albo (Lula)
  18. Silius
  19. Ogliastra
  20. Orani - Nuorese
  21. Sassarese
  22. La Maddalena - Gallura

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Secondo la Propaganda Fascista "Quando nel 1936 un gruppo di uomini guidati dai tecnici Ing. Valle, Arch. Guidi e Eugenio Montuori, arrivò nel Sulcis per fondare dal nulla la nuova città mineraria di Carbonia, il territorio era quasi totalmente spopolato, desolato e frequentato prevalentemente dai pastori barbaricini, che da tempo usavano farvi svernare le greggi".

"Serbariu altro non era che un gruppo di povere case costruite in fango, seminascosto in una gola di colline ai margini di un rio infestato dalle zanzare. I pochi abitanti che sopravvivevano con l'agricoltura e la pastorizia, ignoravano che di lì a poco, sarebbero stati inglobati in un grande centro minerario e sarebbero stati coinvolti nello sfruttamento del giacimento carbonifero individuato sotto ai loro piedi". Probabilmente questa visione propagandistica non risulta molto attendibile e il territorio seppur spopolato viveva di pastorizia e di agricoltura. Serbariu fu infatti comune autonomo dal 1853 al 1937 quando venne soppresso ed aggregato come frazione al nuovo comune di Carbonia; all’epoca contava 2814 abitanti tra il nucleo abitativo principale e le numerose case sparse tipiche dei furriadroxius sulcitani.

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Nel 1935 per volontà del Duce Mussolini venne costituita l'Azienda Carboni Italiani (A.Ca.I.) con lo scopo di sviluppare la ricerca, la produzione ed il consumo del carbon fossile nazionale. All'A.Ca.I. furono quindi aggregate le società che già operavano nel comparto carbonifero, come la Società Mineraria Carbonifera Sarda e l'Società Anonima Mineraria Arsia. A Carbonia, l’ACaI oltre alle attività estrattive, gestiva il patrimonio urbanistico della città e delle due principali frazioni minerarie di Cortoghiana e Bacu Abis; ben presto le attenzioni si concentrarono anche verso la ricerca del vasto giacimento carbonifero di Serbariu.

Per gestire l'arrivo delle nuove maestranze che a breve avrebbero lavorato nella nuova miniera di Serbariu fu progettato un nuovo centro minerario: Carbonia.

La costituzione di Carbonia venne decisa con il r.D.L. n. 2189 del 5 novembre 1937, con l'intento di realizzare un centro minerario che potesse ospitare peril primo anno 12-13mila abitanti, pensato come villaggio operaio e strettamente funzionale alle esigenze dell'industria carbonifera. Negli anni successivi le previsioni di espansione urbanistica raddoppiarono fino a prevedere un centro che accogliesse 100mila persone

Il nucleo della città fu realizzato in soli 300 giorni e fu lo stesso Mussolini ad intervenire personalmente il giorno dell'inaugurazione ufficiale: il 18 dicembre 1938.

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Sempre nel 1938 per dare un impulso alla produzione venne stilato un programma triennale per ricercare minerali in tutto il territorio nazionale al quale dovettero partecipare l'A.Ca.I. per i combustibili fossili, l'AMMI per i minerali metalliferi e l'AGIP per i combustibili liquidi e gassosi; in particolare il capitale dell'A.Ca.I. passò dai 300 ai 600 milioni di lire.

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La concessione della miniera di Serbariu fu rilasciata alla Soc. Mineraria Carbonifera Sarda il 18 gennaio del 1939 e durò fino al 1971, anno della rinuncia. La miniera di Serbariu aveva come centro produttivo quello relativo ai pozzi n. 1 e n. 2 nei pressi dei quali sarebbe sorta la grande laveria.

Il corpo mineralizzato constava di 8 fasci produttivi, che non avevano le stesse caratteristiche nelle diverse aree minerarie, ed erano coltivati in circa 12 cantieri, comprendendo anche le concessioni (Serbariu-Nuraxeddu e Sirai-Schisorgiu):

- Gruppo Centro (Pozzo n. 1 e n. 2) - Centro Produttivo;

- Gruppo 5° e fasci verticali (Pozzo n. 7);

- Gruppo 4° (Pozzo n. 4);

- Gruppo 7° (Pozzo Fico);

- Gruppo Ovest;

- Gruppo Estremo Ovest;

- Gruppo Pozzo n. 5;

- Gruppo Centro Est;

- Gruppo Est;

- Pozzo Nuovo Nuraxeddu - Schisorgiu (ex Sirai);

- Pozzo 12 (Zona Sirai);

- Altri gruppi senza denominazione.

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Nel 1939 il giacimento lignitifero era stato studiato mediante sondaggi e tracciamenti e quantificato in 18 milioni di tonnellate; venne inglobato anche il permesso di ricerca Flumentepido. I lavori in sotterraneo prevedevano lo scavo per sottolivelli con frana e camere e pilastri. La ripiena era di tipo pneumatico per 1000 mc al giorno.

Dal punto di vista della sicurezza, la miniera di Serbariu-Nuraxeddu era stata definita antigrisutosa; in realtà nella limitrofa concessione di Sirai a Schisorgiu il 19 ottobre 1937 avvenne il più grave incidente minerario isolano, con 14 morti ed 8 feriti, sopravissuti per un’esplosione di polveri di grisou, causata dall’utilizzo di materiali esplodenti non idonei.

A 500 metri dal cantiere principale dei Pozzi n. 1 e n. 2 era ubicato il pozzo n. 7 che serviva come pozzo di reflusso.

In questo periodo l'impianto di estrazione dei pozzi n. 1 e n. 2 consisteva in 2 argan1 Demag-Brown Boveri da 1600 cv.

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Nel sottosuolo si lavorava ai seguenti livelli: -25, -50, -76, -100, -112, -130, -150, -200, -210 e -250.

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All'esterno entrò in funzione la grande laveria di Serbariu per trattare le produzioni di Sirai, Nuraxeddu, Tanas, Vigna e Serbariu stesso.

Il rinfuso (tout venant) che arrivava dalle miniere veniva convogliato tramite rovesciatori ai silos e passando attraverso un trasportatore a scomparti arrivava ad una prima griglia con maglia da 50 mm.

Il +50 mm tramite nastro di cernita scaricava in un silos e veniva ulteriormente trattato con mulini, vagli e coni di lavaggio.

Il -50 mm arrivava ad un silos e poi tramite elevatore a tazze subiva il trattamento prima con i vibrovagli e poi con i crivelli a 2 scomparti da 50-25, 25-15, 15-10, 10-0 mm. Alla fine le differenti pezzature venivano convogliate ai relativi silos di carbone lavato.

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Nel '39 l'incremento nel numero di occupati nelle miniere dell'area raggiunse la cifra di 7737 minatori all'interno e 7496 operai in esterno. La massima occupazione si raggiunse tra gli anni '40 e i primi anni '50, con 18mila lavoratori, dei quali 12mila in sottosuolo.

Erano presenti una decina di pozzi collegati fra loro, utilizzati sia per l'estrazione che per il personale e relativi servizi, oltre a diversi chilometri tra gallerie, tracciamenti e discenderie.

La miniera era servita da 24 argani, 8 aspiratori, 15 pompe, 14 skraper, 7 nastri, oltre a locomotori Diesel ed Elettrici per il carreggio. I locomotori diesel venivano utilizzati essenzialmente nei traversi banchi in prossimità delle ricette ben ventilate, ma vennero presto abbandonati.

All'esterno erano stati realizzati 16 fabbricati e un impianto di eduzione delle acque.

Nel 1940 in esterno, venivano completati i seguenti edifici: nuova direzione ed uffici, copertura del cortile del magazzino materiali, ampliamento dell'officina meccanica e costruzione di una nuova fonderia, ampliamento della polveriera di "Corongiu de muro" oltre alla camera mortuaria e al locale di pronto soccorso. Furono inoltre ultimati i fabbricati bagni, docce e la lampisteria dotata di 3000 lampade elettriche portatili da distribuire ai minatori.

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La laveria venne ampliata con la sezione n. 3 dotata di casse a punta sussidiarie per la circolazione dell'acqua ed una camera pompe per il recupero acque. La produzione di mercantile raggiunse le 468.000 tonnellate.

Durante la seconda guerra mondiale l'industria carbonifera Sarda conobbe la massima espansione, anche grazie alle forti sovvenzioni statali rivolte sia alla produzione, ma anche all'innovazione. In questo periodo infatti nell'area portuale di Sant'Antioco venne realizzato un impianto pilota di distillazione del Carbone costato 18 milioni di lire. Questo impianto sperimentale era concepito per trattare 2500 tonnellate di carbone al mese, mediante un processo di lavorazione a temperature di 150-500 °C permetteva di ricavare gasolio, benzina, catrame e semicoke (carbocotto). L'attività dell'impianto cessò nell'immediato dopoguerra nonostante i prodotti distillati avessero caratteritiche interessanti.

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Sempre nei primi anni '40 fu costruita una nuova decauville per il pozzo n. 7, per il trasporto della ripiena occorrente per la ripiena pneumatica.

Nel 1946 venne realizzato un nuovo impianto per lo scarico dello sterile di miniera mediante l'installazione di rovesciatori di berline lungo il piano di discarica. Questo impianto serviva ad eliminare l'utilizzo della teleferica che era dedicata agli sterili di cernita e di laveria.

Venne inoltre realizzata una nuova autorimessa in prosecuzione di quella già esistente, oltre a nuove cabine elettriche da 6000/260 volt. Altri lavori riguardarono l'approfondimento del pozzo del Fico (concessione Serbariu-Nuraxeddu), un nuovo castello di estrazione a pozzo n. 12 (concessione Sirai-Schisorgiu) e altri lavori per realizzare un nuovo ramo di teleferica.

In sotterraneo si lavorò nella sezione Serbariu al livello -50, e al -140; Nella sezione Nuraxeddu con il pozzo n. 5, n. 6. e con il Pozzo del Fico.

Nel 1950 vennero realizzati importanti lavori nella laveria e venne completato un impianto di arricchimento schlamms da 120 ton. con 4 vibrovagli dotati di tele da 100 mesh. Furono anche costruite 2 batterie di vasche per la chiarificazione delle acque di rifiuto della laveria per una superficie di 4000 mq.

Nel 1956 furono sistemate le bocchette nei silos del mercantile, per il carico del carbone direttamente sui carri ferroviari delle Ferrovie FF.SS. tramite 2 nastri trasportatori. Nel pozzo n. 2 proseguirono i lavori per la costruzione dell'impianto di estrazione con skip.

La teleferica per il trasporto degli sterili della laveria in discarica venne messa fuori servizio, perchè quasi tutti gli sterili vennero utilizzati per le ripiene.

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Nel 1956 la miniera affrontava un grave periodo di crisi per via della difficoltà di collocare sul mercato la produzione e anche per le limitazioni fissate dalla C.E.C.A.

Nel 1960 quando la miniera era in via di chiusura le riserve in vista risultavano pari a oltre 2 milioni di tonnellate con 4 milioni di riserve probabili.

Nel gennaio del 1965 la produzione della miniera era completamente cessata, ma già nel 1958 c'era stata una riduzione di personale, tanto che nel 1964 gli operai nel sottosuolo erano soltanto 54 e si procedeva soprattutto allo smantellamento e al recupero. In questo periodo si lavorava ancora nel livelli -100, -200, -210.

La miniera fu chiusa, non perchè esaurita, ma piuttosto perchè risultava ormai antieconomica, infatti il carbone trovava estrema difficoltà ad essere assorbito dal mercato, vista la concorrenza di carboni esteri migliori e di prezzo inferiore.

Nel 1986 veniva rilasciato il permesso di ricerca per valorizzare le discariche lignitifere di Is Meis al Dott. Iacopini. L’area sterili di Serbariu occupava circa 30 ettari ed era costituita da due collinette perpendicolari lunghe circa 1 km, larghe circa 100 m e alte tra i 20 e 25 m in cui erano depositati circa 4.500.000 mc di sterili di trattamento del carbone. Il materiale in discarica era costituito da carbone misto sterile, ridotto in polvere e in pezzatura grossolana, quest'ultimo in gran parte autocombusto.

Dal novembre 1987 si inteva asportare 15.000 tonnellate di grezzi entro sei mesi, al fine di utilizzare il materiale nell'industria cementiera.

Geologia e Giacimento

Nella miniera di Serbariu si coltivava un giacimento stratiforme lignitifero incassato tra arenarie eoceniche a tetto e calcari a Miliolidi a letto. Il produttivo era formato da 8 strati con andamento a sinclinali e anticlinali. Una grande piega diede vita al cantiere chiamato "dei fasci verticali".

Una serie di faglie rigettavano il giacimento lignitifero come ad esempio la Faglia N 45°O e la faglia NE-SO al livello -150. Erano presenti altre 7 faglie, oltre a piegamenti e fratture che costrinsero la suddivisione della coltivazione in piccoli cantieri.

le torri dei pozzi interno della lampisteria

Il Museo del carbone della Grande Miniera di Serbariu

Il complesso minerario di Serbariu è stato recuperato e ristrutturato nel 2006 a fini museali e didattici; il progetto per il recupero e la valorizzazione del sito ha reso fruibili gli edifici e le strutture minerarie che oggi costituiscono il Museo del Carbone.

Il Museo del Carbone include i locali della lampisteria, della galleria sotterranea e della sala argani.

Nella lampisteria ha sede l’esposizione permanente sulla storia del carbone, della miniera e della città di Carbonia; l’ampio locale accoglie una preziosa collezione di lampade da miniera, attrezzi da lavoro, strumenti, oggetti di uso quotidiano, fotografie, documenti, filmati d’epoca e videointerviste ai minatori.

La galleria sotterranea mostra l’evoluzione delle tecniche di coltivazione del carbone utilizzate a Serbariu dagli anni ’30 alla cessazione dell’attività, in ambienti fedelmente riallestiti con attrezzi dell’epoca e grandi macchinari ancora oggi in uso in miniere carbonifere attive.

La sala argani, infine, conserva al suo interno il macchinario con cui si manovrava la discesa e la risalita delle gabbie nei pozzi per il trasporto dei minatori e delle berline vuote o cariche di carbone.

Nel Museo del Carbone si trovano inoltre il bookshop, nel quale è possibile acquistare libri sull’argomento e souvenirs, la caffetteria e una sala conferenze con 130 poltroncine e impianto audio-video.

Il Sito del Museo Carbone nella Grande Miniera di Serbariu:

Museo del Carbone

La Scheda dedicata al Museo del Carbone:

Scheda dedicata al Museo del Carbone


Questa pagina è stata realizzata anche grazie al prezioso aiuto di Mauro Villani del Museo del Carbone di Serbariu.


Bibliografia

Archivio Emsa-Progemisa.

Relazioni sul Servizio Minerario, anni: dal 1937 al 1964.

Carbosulcis "Il Bacino Carbonifero del Sulcis", 1994.

CARTA MARIO Ing. "Relazione al programma di studi del settore minerario per il Piano di Rinascita della Sardegna", Istituto Arte Mineraria, Università di Cagliari, 1952.

CARTA MASSIMO "Carbonia, realtà da 50 anni", Coop. Grafica Nuorese, 1986.

ALBERTI ALBERTO e CARTA MASSIMO "Industria mineraria e movimento operaio in Sardegna 1850-1950", Edizioni della Torre, 1980.

PIGA VITALE "Il Giacimento Carbonifero del Sulcis, Carbonia", 1917.

MEZZOLANI SANDRO e SIMONCINI ANDREA "Sardegna da Salvare. Storia, Paesaggi, Architetture delle Miniere" - VOL XIII. Nuoro, Ed.Archivio Fotografico Sardo, 2007.

SELLA QUINTINO "Relazione sulle condizioni dell'industria mineraria in Sardegna", 1871.

Carta Mineraria e Litologico-Tecnica del Bacino Carbonifero del Sulcis, Carbosulcis SpA, 1:25.000.

Carta Geologica della Sardegna 1:200.000, 1997.

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