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La miniera di Arenas è situata nella confluenza di tre valli diverse: la prima sale da Fluminimaggiore, la seconda dal tempio di Antas, la terza da Domusnovas. Questi sono anche i tre punti di partenza da cui vi si può arrivare. Noi proponiamo il percorso che parte da Fluminimaggiore, che consente la visita della laveria e miniera di Su Zurfuru e della miniera di Gutturu Pala, e poi di proseguire lungo la carrareccia sino a destinazione. Gran parte dei lavori della miniera di Arenas sono a cielo aperto. La fotografia subito sopra e le due precedenti mostrano le conseguenze negative in termini di impatto ambientale di tali interventi. Attualmente sono in atto lavori di ripristino ambientale e geomorfologico dell'intera zona. La cosa per cui vale veramente la pena di visitare la miniera di Arenas è la laveria di Genna Carru. Si tratta di un grande complesso di edifici, addossati l'uno all'altro, che comprende la laveria vera e propria, la centrale elettrica, i laboratori chimici, officine, ripostigli, docce e altri locali minori. Gli impianti della laveria sono intatti. Nessuno dei macchinari è stato asportato. Gli ingranaggi sono in qualche caso ancora funzionanti. Il tutto è però lì ad arruginirsi, e questo è veramente un gran male! Ora tutto il complesso è stato recintato con una alta rete metallica. Non sappiamo se in vista di auspicabili interventi di restauro e valorizzazione o per semplici motivi di sicurezza. La prima fase di lavorazione del materiale grezzo prevedeva la sua frantumazione e selezione in base alla grandezza con delle griglie metalliche. Questa fase avveniva in grandi crivelli meccanici come quello visibile nella fotografia. In seguito il materiale grezzo passava in grandi mulini a sfere in cui veniva sciolto e ridotto a una pappa densa, anche con l'ausilio di grosse palle di ferro di cui è possibile trovare testimonianza dentro e fuori la laveria. La terza fase avveniva in apposite celle di flottazione in cui, attraverso l'azione meccanica delle centrifughe e quella chimica degli acidi, il minerale veniva separato dallo scarto. Essendo più pesante, quest'ultimo si depositava sul fondo e la schiuma densa che rimaneva a galla veniva asportata e fatta essicare. La polvere risultante dall'essicazione era il minerale commerciabile. Alle gallerie sotterranee si accedeva tramite il pozzo Lheraud, dedicato al direttore generale della Pertusola negli anni '40, attraverso cui transitavano uomini e materiale. Anche la torre e il locale argano sono ora recintati con un'alta rete metallica. I due ascensori erano mossi da un argano situato nella costruzione adiacente alla torretta. I locali officina stanno di fronte alla laveria. Sono ancora presenti parti della strumentazione utilizzata. La foto ritrae quello che sembrerebbe essere stato un tornio fissato alla parete. A ridosso dei lavori di scavo, immerso in un folto lecceto, sta il villaggio minerario, costituito da una serie di edifici che scontano ormai l'abbandono prolungato. Nella foto è mostrata la piccola cappella del borgo. Da tempo il villaggio di Arenas attende di essere utilizzato; vennero infatti investiti 2 milioni e mezzo di euro finanziati dal ministero dell'Industria per restaurare il villaggio minerario, una decina di case, la foresteria e la chiesetta in stile veneto-trentino. A restauro concluso il villaggio è inutilizzabile, perchè manca l'energia elettrica, la rete idrica ed è in corso una causa di usucapione intentata da un ex guardiano dell'area. La Storia di Arenas Lo sfruttamento razionale della miniera di Arenas comincia con l'inglese George Henfrey, che ottiene, come rappresentante dell'omonima società, nel settembre del 1877 la concessione mineraria di Genna Carru, e nel maggio del 1883 quella di Su Pitzianti. Nel 1891, a causa di difficoltà finanziarie della società inglese, entrambe le miniere passarono alla Pertusola. Successivamente le miniere di Arenas furono collegate tramite una linea ferroviaria a scartamento ridotto con quella di Malacalzetta, e in specifico con la sua laveria. In questo periodo solo la miniera di Su Pitzianti continuò la sua attività, mentre il palese disinteresse della Pertusola per quella di Genne Carru spinse il Corpo delle Miniere di Iglesias a revocare la concessione (agosto 1927). Alla fine degli anni Trenta i lavori ripresero, anche grazie a una serie di studi geologici che avevano messo in luce un giacimento dalle notevoli potenzialità. Fu ricostruita la ferrovia di collegamento con Malacalzetta, furono avviati i lavori di costruzione della laveria di Genne Carru (1942-43), quest'ultima fu collegata al pozzo Lheraud con una nuova linea ferrata, furono migliorate le vie di collegamento con i centri abitati, e cominciarono a sorgere i primi edifici di quello che successivamente sarà il villaggio minerario di Arenas. A guerra conclusa i lavori ripresero con regolarità. E' in questi anni che cominciarono a essere utilizzate massiciamente le pale meccaniche e i camion, e la miniera cominciò ad acquistare lentamente la fisionomia attuale, caratterizzata dagli scavi a cielo aperto. Là dove ora si apre una sorta di ampio catino si ergeva una collina che impediva di scorgere dalla laveria di Tinì quella di Genna Carru, come è invece possibile attualmente. A un certo punto le due miniere, quella di Arenas e quella di Tinì, divennero un unico complesso grazie all'accordo della Pertusola con la Monteponi-Montevecchio. In questi anni i minatori occupati sono circa 120, più una ventina di impiegati. Gli anni Sessanta rappresentarono l'inizio della fase di declino della miniera, fino al suo passaggio dalla privata Pertusola alla Piombo Zincifera Sarda, avvento al principio degli anni Settanta. Ancora pochi anni, poi al principio degli anni Ottanta anche la laveria fu fermata definitivamente. Ora, il villaggio minerario pur essendo stato restaurato con investimento di 2 milioni e mezzo di euro attende di essere reso fruibile per i turisti: manca l'energia elettrica e la rete idrica. Bibliografia CAVINATO ANTONIO "Cenno preliminare sulla miniera di S'Arenas" - Estratto da Atti del congresso minerario italiano, 1948. FADDA ANTONIO FRANCO "Sardegna, guida ai tesori nascosti" - Cagliari, Ed. Coedisar, 1994. MEZZOLANI SANDRO e SIMONCINI ANDREA "Sardegna da Salvare. Storia, Paesaggi, Architetture delle Miniere" VOL XIII. Nuoro, Ed.Archivio Fotografico Sardo, 2007. SELLA QUINTINO "Relazione sulle condizioni dell'industria mineraria in Sardegna" 1871. Cartina IGM: 546, II - 555, I Questa pagina ? stata visitata 71949 volte |
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