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Il giacimento di Rosas Il giacimento di Rosas comprende galena, blenda, calcopirite e solfuri misti. Esso si sviluppa in un'area metamorfica tra calcari e scisti. Il giacimento, molto complesso sotto l'aspetto geo-minerario, è strettamente legato a quello della vicina miniera di Sa Marchesa e segue l'andamento delle linee di piega e di frattura del rilievo. La sua origine viene fatta risalire alla deposizione di solfuri avvenuta durante una fase sedimentaria che si sarebbe sviluppata in tre fasi:
Il corpo mineralizzato durante la prima fase dell'orogenesi caledoniana, la cosiddetta fase sarda, non avrebbe subito sconvolgimenti. Successivamente con l'accentuarsi dell'attività orogenetica si sarebbero verificati fenomeni di mobilizzazione e di riconcentrazione. I movimenti dell'orogenesi ercinica, con i fenomeni di termometamorfismo correlati alla messa in posto dei graniti, avrebbero favorito ulteriori migrazioni di minerali e la loro parziale ricristallizzazione. Un esempio tipico di questa fase sarebbe il passaggio della pirite a pirrotite ed a ematite-magnetite. Nel contempo la barite e la galena avrebbero subito consistenti fenomeni di mobilizzazione, riconcentrandosi in siti piuttosto distanti. Gli altri solfuri non pare abbiano subito attacchi e sensibili ossidazioni. Storia della miniera Le prime notizie di attività mineraria nell'area della miniera di Rosas risalgono ai primi decenni dell'Ottocento. In quegli anni tutta l'attività mineraria in Sardegna era gestita direttamente dallo Stato. Risalgono a quel periodo i primi documenti che attestano un'attività di ricerca a sud del Monte Orri. Nel 1832 lo Stato accordò alcuni permessi di ricerca a tre imprenditori locali, che pochi anni dopo fondarono la Società Anonima dell'Unione per la Coltivazione delle Miniere del Sulcis e del Sarrabus in Sardegna. Questa società ottenne nel 1851 la concessione mineraria di Rosas, per lo sfruttamento di un giacimento di galena. I primi anni della miniera di Rosas non furono facili, e trascorsero tra cause civili e continui cambi di proprietà. Solo nel 1883 la miniera uscì dal periodo difficile grazie all'energia e alla competenza dell'ing. Giorgio Asproni. In un primo tempo si estraevano soprattutto minerali di piombo, zinco e ferro. Alla fine dell'Ottocento, in pochi decenni, tra blenda, calamina, cerussite e galena vennero estratte ben 60.000 tonnellate di minerali. I primi lavori si concentrarono nel settore occidentale della miniera. Quando apparvero i primi segni di esaurimento, i lavori si spostarono a Est, nella zona di Trubba Niedda. Il giacimento di Rosas, che all'inizio era molto produttivo e fino al 1911 forniva una resa del 23%, ossia di 23 chilogrammi di piombo per quintale di materiale ricco trattato, andò via via impoverendosi. La resa scese all'11% nel periodo del primo conflitto mondiale e all'8% negli anni 1919-1924. Tuttavia, da alcuni calcoli effettuati nel 1922, si riteneva che potessero essere estratte ancora 95.000 tonnellate di minerali. In questi anni, in seguito ad accordi tra i precedenti concessionari e nuovi capitalisti, si costituì la Società Miniere di Rosas che raggruppò terreni e beni delle miniere limitrofe per una superficie complessiva di un migliaio di ettari. La conseguente razionalizzazione dei lavori portò alla chiusura delle limitrofe miniere di Mitza Sarmentus, Sa Marchesa e Bega Trota. Nel 1938 venne ultimato l'impianto di flottazione che era in grado di trattare 50 tn. di minerale al giorno, ma che entrò in funzione solo al termine del conflitto mondiale. Alla fine del conflitto la miniera era in perfette condizioni, dotata di un villaggio accogliente e di un centro direzionale funzionale, di impianti moderni e di una grande varietà di prodotti estraibili. Nel 1951 abitavano nel villaggio circa 152 persone. Negli anni Cinquanta l'AMMI operņ una serie di investimenti che tennero vive le speranze sul futuro della miniera. I minerali trattati nell'impianto di flottazione erano tra i più ricchi della nazione. I tenori medi, infatti, erano di poco superiori al 5% per lo zinco e dello 0,63% per il rame. La crisi sopraggiunse irreversibile negli anni Settanta, come per tutto il settore minerario in Sardegna. La miniera fu chiusa definitivamente negli anni Ottanta. Recentemente la miniera di Rosas č stato interessata da importanti investimenti, atti a restaurare e riqualificare turisticamente l'intero sito. L'opera di restyling ha interessato la laveria e tutti gli edifici del villaggio della miniera; da tempo il sito accoglie i turisti facendo loro vivere un esperienza unica; il sito offre la possibilitą della visita agli impianti e al sottosuolo, la ristorazione (bar e ristorante) e il pernottamento all'interno delle casette dei minatori totalmente ristruturate e dotate di tutti i comfort. PER INFO: Informazioni sulla Visita o il Pernottamento nella miniera di Rosas. Interni laveria di Rosas, Mulino a sfere in funzione. I minerali della miniera di Rosas Allofane, arsenopirite, auricalcite, azzurrite, bismuto, brochantite, calcantite, calcite, calcopirite, cerussite, clinozoisite, cordierite, cuprite, diopside, ematite, epidoto, fluorite, galena argentifera, greenockite, limonite, linarite, malachite manganite, orneblenda, parauricalcite, pirite, pirohisite, piromorfite, plumboallofane (segnalato), quarzo, rame nativo, rosasite. siderite, sfalerite, uralite. Notizie sulla miniera potete trovarle in ANTONIO FRANCESCO FADDA - Siti minerari in Sardegna - Coedisar, Cagliari 1997, e in SANDRO MEZZOLANI, ANDREA SIMONCINI - Sardegna da salvare. Paesaggi e Architetture delle Miniere - Editrice Archivio Fotografico Sardo, Nuoro 1993 Sabiu Sabrina "Rosas. Una miniera nella Sardegna contemporanea"- Ed. AM&D, 2007. Cartina IGM: 556-III Questa pagina ? stata visitata 76047 volte |
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