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(Miniere di Arburese)
Miniera di Ingurtosu

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Ingurtosu nel 1869

I minerali


Sito Miniere Ingurtosu (Comune di Arbus).


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Ingurtosu, insieme a Montevecchio e Monteponi, è stata una delle più importanti realtà minerarie isolane. I vari cantieri che costituiscono la miniera coltivavano la parte mediana del grande filone Montevecchio. La mappa illustra nel dettaglio le varie aree che componevano Ingurtosu. Insieme alla limitrofa miniera di Gennamari essa costituiva un unico complesso.

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Arrivare a Ingurtosu è semplicissimo. Avete due possibilità: o arrivate al villaggio minerario seguendo una comoda strada asfaltata che incrocia la Strada Statale 126 tra i chilometri 76 e 77 (la direzione è ben segnalata, non potete sbagliarvi), e che nel giro di 2-3 chilometri vi porta a destinazione; oppure potete optare per la strada bianca che collega Montevecchio e Ingurtosu. Lo sterrato in qualche caso potrebbe essere in non perfette condizioni (specialmente dopo piogge abbondanti), ma nel complesso la strada è percorribile con una normale automobile.

Le dimensioni della miniera di Ingurtosu richiedono una trattazione in più pagine, ognuna dedicata a uno specifico luogo, cantiere o edificio importante. Quelli che seguono sono i collegamenti a queste diverse pagine.

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Il villaggio di Ingurtosu: i suoi edifici più importanti, la sua posizione, i suoi spazi (foto sopra) e alcune foto d'epoca.

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Il cantiere di Naracauli: l'insediamento, la laveria Brassey, il pozzo Lambert (foto sopra).

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La Villa Wright, ubicata nell'insediamento di Pitzinurri, ospitava il vice direttore della miniera (foto sopra).

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La laveria Pireddu, la cabina elettrica e alcune abitazioni (foto sopra).

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Il Pozzo Gal prima e dopo l'intervento di recupero. Ora l'area è stata resa fruibile dotandola di un museo interattivo e di un bar (foto sopra - gestito dalla Associazione Zampa Verde di Arbus).

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Il cantiere Casargiu: il recente pozzo 92, il vecchio pozzo Casargiu, gli scavi del filone Brassey (foto sopra).

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Il cantiere Pinnareddu (foto sopra).

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L'imbarco e l'ex magazzino di Piscinas, ora sede di un bel Hotel sulla spiaggia (foto sopra).

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Villa Idina (o Villa Ginestra). La residenza estiva di Lord Brassey e della sua consorte (foto sopra - leggi anche la scheda dedicata Lord Thomas Allnutt Brassey).


Ora tutta l'area mineraria di Ingurtosu ricade all'interno del Parco Geominerario della Sardegna mentre alcuni fabbricati abbandonati sono di proprietà dell'IGEA spa, Società Regionale che ha avviato parte delle bonifiche dell'area. Purtroppo essendo l'area in parte inquinata dalla presenza di metalli pesanti, derivanti principalmente dalle discariche minerarie, il suo futuro turistico stenta a decollare; nella foto sottostante una mappetta evidenzia lo stato di inquinamento da metalli pesanti dell'intera area.

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La Storia di Ingurtosu

Nella storia della miniera di Ingurtosu c'è una prima fase, antecedente alla seconda metà dell'Ottocento, in cui lo sfruttamento è episodico e condotto con metodi non del tutto razionali. A questa prima fase segue una seconda, la cui DATA iniziale può essere fissata al 1853, anno in cui i liguri Marco e Luigi Calvo acquistarono i permessi di ricerca di Gennamari e Ingurtosu, e costituirono la Società Mineralogica di Gennamari. Ottenuta la concessione di Gennamari, i due la cedettero due anni dopo, insieme al permesso di ricerca di Ingurtosu, alla Sociétè Civile des Mines d'Ingurtosu et Gennamari (16 gennaio 1855), società a capitale interamente francese. Nel 1859 la società francese ottenne la concessione mineraria anche per Ingurtosu e cominciò i primi lavori nella vallata di Is Animas.

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La necessità di nuovi mezzi finanziari spinse la società francese a ricercare nuovi soci. Si arrivò alla costituzione a Parigi, nel 1870, della Sociétè Anonyme des Mines de Plomb Argentifère de Gennamari et d'Ingurtosu. Con i nuovi capitali fu realizzato un nuovo sistema di eduzione delle acque basato sull'impiego di pompe meccaniche, e una ferrovia a scartamento ridotto «per portare il minerale dalle laverie al pontile di Piscinas, presso il quale sarebbe stato imbarcato per il porto di Carloforte».

Una svolta per la miniera di Ingurtosu si ebbe alla fine dell'800, quando una serie di ricerche approfondite misero in luce un secondo ricco filone (il "filone Brassey", dal nome del presidente della Pertusola), di maggiori dimensioni rispetto a quello su cui avevano insistito fino a quel punto i lavori. Le strutture della miniera si rivelarono inadeguate ad affrontare con successo e profitto le grandi riserve di minerale. La soluzione fu individuata nella vendita della maggioranza del pacchetto azionario della società francese alla inglese Pertusola (aprile 1899).

Il primo passo dei nuovi proprietari del complesso Ingurtosu - Gennamari fu la costruzione di una laveria adeguata alle dimensioni del giacimento. Si trattava della laveria Brassey, inaugurata a Naracauli il 17 ottobre del 1900. Il nome le derivava da Thomas Alnutt Brassey, proprietario della Pertusola.

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Tra il 1903 e il 1905 venne costruita una teleferica che dai cantieri di Gennamari permetteva il trasporto del minerale fino alla laveria Brassey, con un notevole risparmio sui costi di produzione. Nel 1906 vennero sperimentate con successo, sempre nella laveria Brassey, le cernitici magnetiche Primosig, grazie alle quali fu possibile semplificare la lavorazione delle blende ricche di ossidi di ferro.

Tra uomini e donne lavoravano al principio del secolo nella grande miniera oltre 2500 unità, alle quali se ne aggiungevano altre 3500 che costituivano i vari nuclei familiari residenti nelle centinaia di abitazioni, semplici ma fornite degli indispensabili servizi, costruite dalla stessa Pertusola sui suoi terreni.

Dopo il rallentamento produttivo causato dal primo conflitto mondiale, la rapida ripresa fu segnata dalla costruzione di un secondo impianto di trattamento dei minerali estratti, realizzato sul versante Pireddu adiacente a Naracauli (vedi mappa).

Nei primi anni Venti la proprietà della Pertusola passò dalla famiglia Brassey alla multinazionale franco-spagnola Società Mineraria e Metallurgica di Pertusola del gruppo Penarroya.

Nel 1933 la Pertusola acquistò le residue quote azionarie non ancora in suo possesso e avviò con decisione un programma di ristrutturazione profonda delle attività di estrazione e trattamento, che comportò la riduzione di un terzo del personale impiegato.

Questi anni sono anche segnati da un progressivo peggioramento dei rapporti tra la società e gli operai, a causa dell'adozione sistematica da parte della prima dell'odiato sistema Bedaux.

L'inizio degli anni '40 furono caratterizzati dai primi segni di esaurimento dei filoni su cui lavorava la miniera. Gli anni seguenti il secondo conflitto mondiale videro vari tentativi di razionalizzare la produzione, che nulla però poterono di fronte ai sempre più manifesti segni di esaurimento del filone Brassey, «che dopo mezzo secolo di sfruttamento si presentava praticamente esaurito».

Alla fine degli anni '50 comincia la fase dell'inarrestabile declino, finché nel 1965 la Pertusola, oberata da pesanti perdite, rinuncia alla concessione «a favore del gruppo minerario concorrente Monteponi - Montevecchio». L'intervento però non portò i risultati sperati, e nel 1968 la miniera fu definitivamente chiusa, e l'ultimo centinaio di minatori licenziato.


Fonti:

SANDRO MEZZOLANI, ANDREA SIMONCINI, Sardegna da salvare. Paesaggi e Architetture delle Miniere - Editrice Archivio Fotografico Sardo, Nuoro 1993

ANTONIO FRANCESCO FADDA, Siti minerari in Sardegna - Coedisar, Cagliari 1997


Cartina IGM: 546, I

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